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Il patto siglato a Firenze tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, a sostegno della candidatura di Eugenio Giani in Toscana, viene presentato come un programma progressista volto a rafforzare le tutele sociali e a colmare le lacune lasciate dall’Assegno di inclusione nazionale. Le misure annunciate — dal reddito di cittadinanza regionale al salario minimo legale di 9 euro l’ora, fino alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario — si accompagnano ad altri impegni su sanità, turismo, abitazione e persino alla chiusura del rigassificatore di Piombino.
Dietro la retorica sociale e ambientale, tuttavia, si intravede un nodo cruciale: le coperture finanziarie. L’istituzione di un reddito regionale, insieme agli altri interventi, richiede risorse ingenti. Non si tratta solo di una questione di giustizia redistributiva, ma di una scelta che rischia di compromettere l’autodeterminazione finanziaria della Regione. Invece di rafforzare la capacità della Toscana di gestire in modo sostenibile i propri conti, l’accordo sembra avviarsi su una strada che spinge verso un inevitabile aumento delle imposte locali.
Il paragone con il Lazio, la Regione con le addizionali più alte d’Italia, non è casuale. Se la Toscana dovesse davvero seguire quella traiettoria, il risultato sarebbe un carico fiscale crescente per l’intera cittadinanza, ben oltre il concetto di equità per scaglioni. In altre parole, la promessa di nuovi diritti sociali rischia di tradursi in una penalizzazione collettiva, in cui tutti i contribuenti pagano il prezzo di un welfare regionale ambizioso ma privo di solide basi finanziarie.
Così, un progetto che nasce con l’intento di rafforzare le tutele rischia di produrre l’effetto opposto: un indebolimento della libertà economica dei cittadini, costretti a finanziare un sistema sempre più centralizzato e dipendente dalle tasse. Più che un passo verso un nuovo modello sociale, l’accordo appare come un arretramento sul piano della responsabilità e della sostenibilità, con il pericolo concreto di trasformare la Toscana in un laboratorio di promesse irrealizzabili a spese di tutti.
Solo attraverso un vero percorso di autodeterminazione finanziaria, costruito sul massimo ottenibile dall’articolo 116 e dall’applicazione coerente del Titolo V della Costituzione, prendendo fino all’ultima goccia di autodeterminazione legislativa, amministrativa e tributaria , sarà possibile reperire risorse effettive per i programmi individuati. Diversamente, ci si limiterà a moltiplicare promesse prive di copertura, alimentando quella forbice strutturale populista tra il dualismo del promesso e del mantenuto che finisce poi per minare la credibilità di una democrazia sostenibile.
(Feat. G.A., M.S., I.F mash up SuSud Sodera)
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