Livorno è una città dannata, politicamente dà il peggio di sé, dilettantismi e ideologismi la fanno da padrone e non si viene mai a capo di nulla.
L’ennesima riprova è la chiusura del termovalorizzatore del Picchianti, senza che siano state pianificate politiche alternative per lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati.
Anzi.
Assistiamo all’evidente tentativo d’imbrogliar la gente, evocando un altro impianto a incenerimento – l’ossicombustore di Peccioli - ancora da verificare e di là da venire, o il TMB di Massarosa che non smaltisce né ricicla un bel nulla.
Eppure basterebbe sfogliare un po’ di letteratura tecnica…
Allora m'intestardisco a ribadire alcuni concetti, nella speranza che qualcuno voglia avvalersi d’un pensiero razionale.
Punto primo: la frazione indifferenziata dei rifiuti urbani può essere smaltita solamente con due sistemi: o si bruciano o si depositano nelle discariche. Tertium non datur.
Inutile rammentare che le discariche sono universalmente disdegnate dal mondo ambientalista, quello serio, essendo valutate alla stregua di bombe ecologiche; e nemmeno implementano i principi dell’economia circolare, essendo tutto materiale a perdere. Tanto che la legislazione vigente ne prescrive il progressivo abbandono.
Al contrario, i moderni sistemi d’incenerimento sono dotati d’evoluti controlli delle emissioni, col recupero d’energia e il riuso delle scorie.
Punto secondo: la percentuale di differenziata non significa granché. Dev'essere infatti considerata la percentuale di rifiuto effettivamente avviato al riciclo. L’incremento quantitativo della differenziata non garantisce la virtuosità dei processi, al contrario spesso ne peggiora la qualità e porta a un maggior volume di scarti e sovvalli.
Nell’ottica del riutilizzabilità, è corretto dunque privilegiare la buona separazione a monte, anche a discapito delle alte percentuali d'una cattiva differenziazione, percentuali che sono falsamente esibite come trofei dalle amministrazioni pubbliche.
Oggi in Italia la differenziata s'attesta al 65% con tendenza al peggioramento delle sue caratteristiche; il riciclo reale - al netto dei vagli successivi - arriva appena al 49%.
Bene, in questo quadro s’inserisce la vicenda livornese.
Dove finisce la gran quantità di differenziata livornese se escludiamo, com’è sensato fare, Peccioli e Massarosa?
Finisce in qualche lontano inceneritore, dopo averle fatto fare trasbordi costosi e viaggi inquinanti?
O addirittura è conferita a qualche discarica, in spregio a ogni prescrizione europea e nazionale?
Con quali costi aggiuntivi?
E i posti di lavoro di Aamps, i suoi bilanci? le tariffe per gli utenti livornesi?
Dispero che il personale politico locale, irresponsabile, riesca a adottare un criterio logico rinunciando alla deteriore propaganda allarmistica.
Ma qualche cittadino assennato e partecipativo ancora c’è?
VITO BORRELLI
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